studioshiatsu

di Stefano Pighini

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Shiatsu e Anma

L’originalità di Masunaga non sta solo nelle innovazioni che portò nello Shiatsu a livello di tecnica ma anche in una visione del suo personale progetto di ricerca. Masunaga è un maestro di discipline orientali giapponesi che non si è limitato a venire in contatto con la cultura occidentale. Egli l’ha fatta propria, l’ha apprezzata e ha stabilito un dialogo, a volte conflittuale, ma costante e ininterrotto. Masunaga aveva un’alta considerazione della scienza e del metodo sperimentale di verifica dei risultati scientifici, e intendeva porre le acquisizioni della cultura tradizionale da cui proveniva in condizione di confrontarsi senza riserve con la scienza occidentale. Non mostra pregiudizi verso altre forme di trattamento: senza mezzi termini, scrive che na differenza di altri, non ritiene il massaggio occidentale, lo shiatsu e l’anma tre terapie distinte con grandi differenze tra loro. Tutte e tre hanno dimostrato la loro efficacia. Sono piuttosto le logiche di intervento che differiscono. L’anma e il massaggio europeo (probabilmente Masunaga fa riferimento a tecniche fisioterapiche o di massoterapia) stimolano direttamente la circolazione sanguigna, rendono scorrevole il sangue stagnante nella cute e nei muscoli e quindi diminuiscono la rigidità e la tensione derivanti da stasi circolatorie. Invece lo shiatsu agisce principalmente sulla struttura ossea, le articolazioni e i tendini operando sui meridiani, il cui cattivo funzionamento altera la struttura corporea e il sistema nervoso vegetativo”.

An- significa “calmare con la mano” e ma significa “massaggiare per rimuovere”. E’ il massaggio giapponese tradizionale. Originario della Cina si avvale di tecniche di stiramento, frizione e mobilizzazione finalizzate al ripristino della salute. Secondo Masunaga l’An-ma ha una forma ben precisa, a differenza dello shiatsu che è invece l’incontro di diverse pratiche manuali, il cui unico minimo comune denominatore è la pressione mantenuta costante.

Apparentemente dunque An-ma e shiatsu hanno effetti diametralmente opposti in quanto l’Anma attiva il versante simpatico del SNA mentre lo shiatsu stimolerebbe il parasimpatico. Ma d’altra parte lo shiatsu deriva dal più antico Anma. Come si spiega dunque questa apparente contraddizione?

E’ lo stesso Masunaga a chiarire la questione. La radice, l’origine è comune. Commentando l’ideogramma che sta per -ma Masunaga osserva come questo rappresenti l’atto di spostare un oggetto da una parte ad un’altra. Calato nel trattamento manuale egli traduce “muovere le mani come per lucidare una pietra”. Questo significa “dispersione”. L’altro ideogramma, che sta per An-, rappresenta l’atto del riempire, ma indica anche una cucitura, cioè una pezza di stoffa unita tramite un filo ad un tessuto identico a simboleggiare che quando un elemento manca qualcosa dello stesso genere colma tale insufficienza. Da qui la correttezza anche etimologica del significato di An- come “adagiare la mano con calma”. In questo caso in termini di trattamento si parla di “tonificare”. Se facciamo riferimento alla metodologia di lavoro di Masunaga ricordiamo che individuare i kyo (vuoto) e il jitsu (pieno) del meridiano è essenziale per capire il tipo di intervento da praticare. Il lavoro avrà poi il compito appunto di “tonificare” o “disperdere”. Nel caso di un pieno jitsu si attuerà la dispersione, viceversa la tonificazione in caso di un vuoto o kyo. Quindi la modalità di lavoro è simile. Ecco quindi che a prescindere dalle evoluzioni nella forma e della fortuna dell’Anma, è legittimo considerarla come la tecnica progenitrice dello Shiatsu, semmai quest’ultimo avrà una maggiore consapevolezza sugli effetti neurofisiologici del suo intervento rispetto alla pura manualità pratica dell’An-ma.

 

Bibliografia

Masunaga S., Manuale di Shiatsu per corrispondenza, II° mese, 2014

Masunaga S., Zen Shiatsu, Mediterranee, 1979

Empatia e simpatia vitale

Cosa significa considerare l’empatia come uno strumento di lavoro?  

Certo non significa organizzare un comportamento amicale e sorridente allo scopo di ingraziarsi il cliente a scopo di lucro! A un primo livello implica la capacità di sintonizzarsi con il sistema energetico che abbiamo di fronte e per far ciò naturalmente il nostro cuore deve essere quanto più “vuoto” possibile, ossia libero da attaccamento e condizionamento verso quel sistema energetico. Impresa già complicata, e che necessità di grande  sensibilità da parte dell’operatore. Ad un secondo livello, più profondo, lavorare con l’empatia ha dei significati molto più materialisti.

Già gli scienziati settecenteschi dell’illuminismo europeo si erano arrovellati sui misteriosi meccanismi “simpatici”. Come accadeva che un’affezione sviluppatasi in un punto del corpo potesse avere conseguenze da tutt’altra parte? Xavier Bichat, uno dei più grandi medici scienziati del suo tempo diceva che la simpatia è una parola “che serve a coprire la nostra ignoranza delle connessioni che legano i fenomeni”. Bichat aveva intuito, ma non conosceva ancora con precisione, l’elevato livello di integrazione dei nostri neuroni, la cui connessione (a livello spinale) rende possibile la comunicazione a distanza di stimoli nervosi.  Il Settecento europeo aveva celebrato in diverse discipline la simpatia/empatia (si pensi ad Adam Smith il padre dell’economia politica che la collocava tra i più alti sentimenti morali, o a Kant che la considerava una grande qualità politica). Oggi, alle nostre latitudini, ci pare un’ingenuità persino nel dominio limitatissimo della morale, sebbene la medicina ufficiale stia riscoprendo il valore terapeutico della relazione umana… 

Eppure Masunaga, portatore di una tradizione di cura orientale che fa del rapporto con l’individuo specifico una determinante della cura denuncia che quanto più l’uomo pare civilizzato “e funziona con la porzione superiore della corteccia, la più evoluta in termini biologici,”tanto più la sua sensibilità vitale si ottunde, e anche la sua capacità di provare ‘simpatia’.  Sembra di sentir parlare Jean Jacques Rousseau!

Dal francese però lo divide un punto importante. Non è ad una legge generale che è affidata l’unità tra gli uomini ma alla pratica terapeutica. Masunaga parla proprio di simpatia vitale come sensazione di unità, che si prova durante il trattamento con il ricevente.

Scrive ancora il Maestro: “L’uomo moderno sopravvaluta le cose materiali perciò è animato da scarsa simpatia vitale. Chi comprende l’essenzialità della simpatia vitale non ha bisogno di capire altro”. Si direbbe quindi che egli preferisca restare ancorato ad un’idea “vitalista” dell’empatia, come manifestazione dello “spirito vitale” che permette la sensazione di unità tra ricevente e operatore.

Sarebbe quindi rimasto alla visione pseudoscientifica del Settecento??

In realtà Masunaga vuole restare ben agganciato alla materia. Fa quindi riferimento alla fisiologia, a quella che chiama “legge di interiorizzazione degli organi e dei visceri” secondo la quale appunto i nervi del SNA passano attraverso il midollo spinale prima di raggiungere gli organi. Nella radice posteriore del midollo spinale passano anche le fibre sensitive che dalla cute vanno verso il cervello. Queste due componenti (nervi  e fibre sensitive) permettono di individuare precisi legami organo-cute che autorizzano ad ipotizzare che ogni anomalia d’organo stimola con decisione il nervo ad esso connesso (SNA) e questo stimolo si ripercuote anche sulle fibre sensitive vicine al nervo autonomo interessato. Ecco quindi una possibile spiegazione per il fenomeno della “simpatia” che tanto interessava Bichat secondo la quale l’affezione in un punto si ripercuote in distretti lontani.

Pertanto sintomi legati alla sensibilità/percezione in un punto della cute (caldo, freddo, dolore) rendono possibile identificare l’organo “disturbato” correlato. Ma allora questa simpatia vitale è qualcosa che riguarda “lo spirito” oppure vi è una spiegazione scientifica che connette disturbo d’organo e reazione cutanea? Ecco, dove per un occidentale esiste un dubbio filosofico per Masunaga esiste solo un problema pratico .  Se infatti “la cute prova disagio, l’organo farà altrettanto”.

Su cosa sia la simpatia vitale bisognerà studiare ancora…ma ciò che conta è che sia percepibile attraverso una serie di pressioni shiatsu fatte secondo un preciso criterio.

Bibliografia

Bottaccioli F., “Due vie per la medicina scientifica al suo sorgere”, Aracne, 2013.

Masunaga S. “Manuali di Shiatsu per corrispondenza” I°mese, Shiatsumilano, 2014.

Masunaga S. “Zen Shiatsu” Mediterranee, 1979.

Le caratteristiche della pressione

Secondo Masunaga rispetto a tutti gli altri tipi di manipolazione, il metodo shiatsu deve possedere tre caratteristiche imprescindibili.

La pressione deve sempre essere:

1) perpendicolare

2) ferma/costante

3) con “concentrazione mentale”

Ciascuna di queste tre “regole auree” si presta naturalmente a più interpretazioni. Ad esempio un chiodo ben piantato nel muro è perpendicolare alla parete, fermo e concentrato in un punto. Se adottassi questa immagine penserei ad una pressione puntuale, forte ed estremamente localizzata. Posso tradurla in pratica come una manipolazione vigorosa, magari con l’uso intenso e ripetuto del pollice e una buona dose di forza muscolare. Ci sono a tutt’oggi degli operatori che interpretano così il loro shiatsu. Non è però il caso di Masunaga. Al contrario quando egli affronta il tema della perpendicolarità contrappone sistematicamente la pressione da spinta alla pressione come sostegno. Se al posto di un martello che pianta un chiodo nel muro immaginiamo due assi che si sostengono nel loro punto di equilibrio avremo egualmente una perpendicolarità, ma mentre nel caso del martello possiamo dire che uno dei due poli (il martello) è certamente la parte attiva e infligge all’altro (il chiodo) la sua posizione perpendicolare grazie all’uso localizzato di forza muscolare, nel caso delle assi chi può dire quale delle due assi sostiene l’altra? l’unica cosa certa è che se si perde il punto di equilibrio (garantito dalla perpendicolarità) entrambe cadono a terra! Nel primo caso c’è relazione oppositiva e diametrale tra lo yang e lo yin, nel secondo lo yang e lo yin si distribuiscono lungo le due assi che esercitano entrambe una pressione e si sostengono reciprocamente.

Nel caso del martello sul chiodo la pressione è impartita con forza muscolare e a brevi impulsi. Se il martello continua a premere secondo questa modalità il chiodo si appiattisce e la sua funzione si esaurisce. Nel caso delle assi invece la pressione è costante e non è richiesto alcun intervento esterno per il loro mantenimento in equilibrio. Se l’operatore Shiatsu sarà il martello il ricevente farà la parte del chiodo, ma se l’operatore sarà una delle due assi, il ricevente si accorgerà della condizione di equilibrio più che dell’operatore.

Per quanto riguarda la concentrazione mentale, anche in questo caso l’apparenza inganna. Masunaga non pensava affatto al tipo di concentrazione di cui facciamo esperienza quando ci applichiamo ad un compito complesso. Com’è noto quando siamo impegnati in un’attività di tipo intellettuale stiamo facendo lavorare a livello viscerale maggiormente il sistema simpatico che regola tutta una serie di funzioni vitali mettendole “a risparmio energetico” per favorire la connessione sinaptica che richiede un gran dispendio energetico (i neuroni sono cellule arcaiche a scarsissimo risparmio energetico). Tuttavia se facciamo Shiatsu con la testa, ci dice Masunaga, non siamo in contatto profondo, ma superficiale. Restiamo rigidi, il corpo è teso e dalle mani la rigidità arriva alle spalle. E’ un’esperienza comune che chiunque ha sperimentato applicandosi ad un nuovo compito manuale! Qui si trova uno degli aspetti meno intuitivi dello shiatsu e anche più affascinanti. L’attenzione non va portata sul punto di pressione ma sul respiro, sulla nostra pancia Hara. Masunaga ha dedicato molte righe, in diverse opere al ruolo del respiro, e tutti gli insegnanti di shiatsu di qualunque orientamento insistono molto sulla respirazione corretta. Così la concentrazione mentale va focalizzata sulla pancia e non nella testa. Il risultato sarà che attenzione e tranquillità si coniugano invece di restare separati come avviene nell’accezione occidentale di attenzione.

 

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