Continua la nostra indagine nell’esplorazione delle potenzialità dello shiatsu nel lavoro con la disabilità. Oggi incontriamo Beatrice Cioni un’operatrice diplomata alla mia stessa scuola, che ci parla della sua esperienza.
Buona lettura
D: Ciao Bea puoi presentarti?
R: Sono educatrice ed operatrice shiatsu. Lavoro in una cooperativa sociale dove mi occupo di dare un sostegno ai ragazzi disabili sia nella scuola che a livello extrascolastico. Si ha a che fare con famiglie disagiate che necessitano di supporto anche oltre l’orario scolastico. Il luogo di lavoro è un centro diurno, “Felicittà” a Sesto Fiorentino.
D: qual’è stato il tuo percorso per arrivare a proporre shiatsu ai ragazzi disabili?
R: il primo progetto risale al 2016, ed era tarato esattamente sulle esigenze delle persone che accoglieva il centro diurno, ragazzi con disabilità grave sia fisica che psichica (ma soprattutto psichica): lo shiatsu pensato quindi come disciplina capace di integrare le loro attività, migliorandone la risposta sotto diversi profili. Purtroppo però il progetto non venne preso in considerazione, e giace ancora in un cassetto. In seguito però, continuando a lavorare nello stesso posto in qualità di educatrice, ho cercato di utilizzare dei “momenti morti” in cui i ragazzi non avevano attività (tra cui la danza, ricerca dell’autonomia, giochi di socializzazione, ecc…) proponendo piccoli approcci fisici consapevoli: ad esempio lo sblocco delle mani, oppure piccoli tocchi sui trapezi, sulla schiena….
D: Come si sviluppavano gli incontri?
R: Inizialmente ero io che li eseguivo sul loro corpo, poi ho iniziato a proporre che facessero lo stesso tra di loro. In quel modo cominciarono a toccarsi in un modo diverso rispetto a quello consueto del gioco codificato oppure del gioco un po’ più “violento” (tipo spinte, o un tocco poco consapevole). Dall’anno scorso purtroppo tutto questo non è più possibile causa covid.
D: Quali strumenti hai usato in questi incontri, diciamo così “speciali”?
R: Anzitutto, come ti dicevo, ho cercato di trasmettere la consapevolezza dell’importanza del toccare, e toccarsi; ma di grande importanza è anche la consapevolezza del respiro, che nello shiatsu è pure fondamentale, e aggiungo, del silenzio: spesso in caso di disabilità psichica la mente è iperattiva, e i ragazzi fanno fatica a stare in ascolto degli altri ma anche di se stessi. Imparare il silenzio e a respirare profondamente sono passaggi necessari prima di iniziare l’approccio allo shiatsu. Il nostro metodo (scuola I.R.T.E.) pone già grande attenzione alla progressività, ma nel caso di persone con disabilità grave, soprattutto psichica, questa progressività da parte dell’operatore deve partire molto prima che si arrivi al contatto. Si passa quindi prima dal dialogo e da tocchi fisici, magari generici, tipo lo sfioramento che servono a conquistare con un lavoro paziente (e a volte lungo) la fiducia, un momento indispensabile di ogni relazione interpersonale.
D: Se dovessi dare un consiglio ad un operatore che non ha mai fatto shiatsu con una persona disabile, sia fisica che psichica, e potessi scegliere una sola indicazione, quale daresti?
R: essere sempre, sempre, sempre, leggerissimi. Bisogna sempre tenere presente che siamo in presenza di congestioni importanti, non solo su un piano psichico. Pensiamo ad esempio agli stati infiammatori cronici che possiamo percepire sotto le nostre mani, situazioni che vanno trattate sempre con la massima attenzione.
D: Quali sono gli effetti principali del tuo lavoro con le persone disabili?
R: A mio avviso già il fatto che mi vengano richiesti da loro i trattamenti, lo considero un punto di arrivo importante. In generale i ragazzi sono più tranquilli nell’ approccio sia verso il loro corpo sia nel rapporto con gli altri. Magari questo effetto dura un’ora, poi riemergono gli schemi consueti, ma è già un benessere per loro significativo.
D: Ci sono altre attività terapeutiche oltre lo shiatsu che sono efficaci in questi casi?
R: senz’altro la fisioterapia è fondamentale. Peccato però che non ci sia molto dialogo tra professionisti, ancora lo shiatsu non è molto considerato. Riscontro un certo scetticismo, cosa non nuova, rispetto ad altre figure professionali. Ultimamente però altre figure professionali (tipo fisioterapeuti, infermieri,, ecc…) stanno cominciando a riconoscere l’efficacia “a lungo termine” di ricevere shiatsu. Sono fiduciosa per il futuro.